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FINANZA

Fondi Comuni / 2 Niente rilancio senza l'aiuto delle banche

di Isabella Della Valle

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26 LUGLIO 2008

I fondi italiani non escono vincitori dal confronto con i cugini esteri, ma ciò non toglie che siano molte le analogie tra l'industria del risparmio tricolore e quella dei Paesi europei. Certo, nessuno ha accusato deflussi così consistenti, ma una cosa è certa: il credit crunch ha modificato il modus operandi di tutti gli intermediari bancari, con l'unica eccezione della Gran Bretagna. Per avere una panoramica del settore abbiamo parlato con Mauro Baratta, managing director di Lipper Feri, società inglese che analizza il settore dei fondi comuni a livello europeo.

Dottor Baratta, perché i gestori esteri ottengono risultati migliori di quelli italiani?
È una questione di specializzazione. Molte società italiane hanno creato prodotti che poi non hanno saputo gestire al meglio perché sono venute a mancare competenze specifiche. In Europa, ma soprattutto negli Usa, è molto diffusa la tendenza a demandare ad advisor esterni la gestione di quegli investimenti sui quali le società non si sentono particolarmente competenti.

Il risparmio gestito sta navigando in cattive acque non solo in Italia. Lei condivide le misure che stanno prendendo Consob e Banca d'Italia per cercare di risollevarne le sorti?
Assolutamente sì. Per esempio fanno benissimo a richiedere maggior trasparenza per obbligazioni strutturate e prodotti assicurativi-finanziari
.

Perché?

Perché così si elimina un tipo di concorrenza sleale dal momento che i prodotti strutturati sono strumenti opachi e soprattutto costosi, che tra l'altro vengono collocati molto anche all'estero. La Germania è il Paese in Europa con il patrimonio più consistente investito in questi prodotti; a fine aprile ammontava a 165 miliardi. Segue l'Italia con 164 miliardi e poi laSpagna con 98. Sempre in Germania nel solo mese di aprile sono stati lanciati 23.349 prodotti strutturati contro i 102 dell'Italia. Questi dati includono tutti i tipi di prodotti strutturati, dai fondi garantiti ai certificati.

E come si spiega?

Con la crisi del credito. Le banche avevano bisogno di aumentare le riserve di liquidità e hanno privilegiato prodotti che danno ricavi più immediati. La tendenza a collocare questi strumenti ha interessato quindi un po' tutti, anche se all'estero i deflussi dai fondi non sono stati così consistenti come in Italia. Nel Regno Unito i flussi sono ancora positivi anche perché la propensione al risparmio regolare è più consolidata: ci sono molti pac con incentivi fiscali e i piani pensionistici Sipps hanno portafogli pieni di fondi comuni. Pure negli Usa non c'è stata alcuna fuga, anche perché si investe molto nei target date fund che possono avere un orizzonte temporale tra i 15 e i 20 anni con un'esposizione al rischio che diminuisce man mano che si avvicina la scadenza.

In Europa ci sono prodotti analoghi?
Sì, ci chiamano Life Cycle Funds, e gestiscono un patrimonio di 4 miliardi di euro.

Lei pensa che per l'industria italiana sia necessario equiparare il sistema di tassazione con i prodotti esteri?
Sì è un passaggio che si va fatto, anche se non credo proprio che cambierà molto. Finchè le banche non cominceranno a voler vendere di nuovo i fondi, non c'è riforma che tenga.

E quale potrebbe essere lo stimolo?
Bisognerebbe promuovere delle inziative che rendano questi prodotti più appetibili soprattutto per i retail, come per esempio fondi con un obiettivo temporale dichiarato come succede in Inghilterra e negli Stati Uniti. Ma per fare questo occorre educare il risparmiatore al concetto che i fondi sono degli strumenti validi per il lungo termine.

In Italia il 90% della distribuzione dei fondi fa capo al sistema bancario. Cosa succede all'estero?
Più o meno è uguale. L'unico Paese dove la distribuzione è indipendente è la Gran Bretagna. Spagna, Francia, Germania, Belgio e Austria hanno una netta presenza bancaria.
E cosa ne pensa della proposta di abbassare la soglia di ingresso per gli hedge fund tricolore?
È un adeguamento con gli altri Paesi. L'Italia oggi ha la soglia più elevata. In Francia per i fondi di fondi è fissata a 15mila, in Spagna a 10mila, mentre in Svezia e in Finlandia si può acquistare un fdf hedge anche con mille euro.

ISABELLA.DELLAVALLE@ILSOLE24ORE.COM

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